Affitti brevi nuove normative anno 2017
Affitti brevi e tassa Airbnb, domande e risposte
Leggi e fiscalità locazioni turistiche
Quello degli affitti brevi è un tema sempre più attuale e discusso, anche per l’attenzione che l’emanazione del decreto legge sul regime fiscale delle locazioni brevi (dette anche “locazioni turistiche” e “locazioni pure”), ha sollevato a livello mediatico ma non solo. Il fenomeno tocca un numero elevato di soggetti, nella maggior parte proprietari di singoli appartamenti che hanno a che fare con una materia complessa. Il rischio è quello di produrre confusione ed errori continui.
Domanda – Quali sono gli ambiti di competenza necessari per svolgere un’attività di locazione oggi? Il fai da te del passato è ancora applicabile?
Ritengo che il “fai da te” è troppo pericoloso per coloro che intendono integrare il reddito familiare locando gli immobili nella loro disponibilità (proprietà – affitto- comodato gratuito e usufrutto).
Il rischio è quello di subire denunce penali e sanzioni pecuniarie da parte delle Forze dell’Ordine, Guardia di Finanza e Vigili Urbani.
Domanda – C’é dunque la possibilità di incorrere in sanzioni?
Risposta – Ci sono due tipi di infrazioni da parte dei gestori di locazioni.
La prima riguarda la mancanza della stesura di un contratto scritto, come previsto dall’art. 1 comma 4 della legge n. 431 del 1998.
La seconda va riferita all’inesatta definizione dell’attività della locazione turistica, sui portali.
Se, infatti, il gestore della locazione breve non scrive il contratto, consegnandone una copia al cliente, e/o si promuove come: B&B, casa per vacanza o affittacamere, invade la disciplina regionale sulle strutture extralberghiere.
Dette infrazioni possono avere, dunque, come conseguenza:
- la mancanza dell’apertura di partita IVA (reato penalmente perseguibile);
- la mancata presentazione della SCIA al Comune con multa di euro 1.032,00 (sanzione amministrativa per attività abusiva d’impresa);
- sanzione amministrativa per omissione di contributi INPS.
Domanda – Parlando di norme, l’art. 4 del decreto legge n.50/2017 con successivi documenti attuativi è andato a disciplinare il regime fiscale delle locazioni brevi/turistiche. L’obiettivo è stato raggiunto a suo parere o permangono ancora delle criticità in tale senso?
Risposta – Le criticità permangono perché, di fatto, l’art. 4 del D.L. n. 50/017 non poteva cambiare quanto disposto dall’art. 2082 del codice civile che definisce le condizioni per l’attività d’impresa ovvero: “organizzazione, sistematicità, uso di mezzi e impiego di personale”.
Voglio evidenziare, in proposito che il comma 3-bis, dell’articolo in argomento ha previsto che, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, dovrebbe essere pubblicato un regolamento attraverso il quale possono essere definiti, i criteri in base ai quali l’attività’ di locazione si presume svolta in forma imprenditoriale, in coerenza con l’articolo 2082 del codice civile e con la disciplina sui redditi di impresa di cui al testo unico delle imposte sui redditi.
A oggi questo regolamento non è ancora stato pubblicato.
Domanda – A proposito di “imprenditorialità”, alcune leggi regionali hanno introdotto le CAV non imprenditoriali.
Risposta – Si, infatti. Io giudico le CAV in forma non imprenditoriale con obbligo di iscrizione e comunicazione ai comuni, un’autentica mostruosità regolamentare. Mi spiego meglio, gli appartamenti, quando vengono proposti nel mercato turistico, sono disciplinati da 2 diverse norme:
- per quanto riguarda le norme emanate dalle regioni, ai sensi dell’art. 117 comma 4 della Costituzione, il titolare dell’attività turistico ricettiva deve avviare e gestire l’impresa, nel caso specifico la stessa viene definita “ricettività turistica aperta al pubblico”, tramite Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) da presentare allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP), competente territorialmente. CASE PER VACANZE – B&B – AFFITTACAMERE.
- l’altra tipologia di gestione di immobili turistici riguarda la “locazione turistica privata” disciplinata: dall’art. 117 comma 2 della Costituzione lettera L, dall’art. 1571 del codice civile, dall’art. 1 comma 2 lettera c della legge legge 9 dicembre 1998, n. 431 e dall’art. 53 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice del turismo). Dette norme prevedono la predisposizione di contratti per finalità turistica, redatti in forma scritta ai sensi dell’art. 1 comma 4, della citata legge n 431/1998. La durata del contratto deve essere determinata computando tutti i rapporti di locazione anche di durata inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario. “LOCAZIONI TURISTICHE” – DETTE ANCHE “LOCAZIONI BREVI” – “LOCAZIONI PURE”.
Le CAV non imprenditoriali non sono disciplinate da nessuna di queste due suddette norme.
Domanda – Tornando alla cosiddetta Tassa Airbnb, la cedolare secca conviene?
Risposta – Premesso che: “Con riferimento all’attività esercitata dal locatario e all’utilizzo dell’immobile locato, il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con locatari che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti. In pratica, la cedolare secca può essere scelta solo se entrambe le parti agiscono da “privati”. (Agenzia delle Entrate – FISCO E CASA: LE LOCAZIONI – pag. 8)
Di fatto, i gestori di “locazioni turistiche” (locazioni brevi) dovranno pagare, come opzione se più vantaggiosa, la cedolare secca del 21%.
L’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, istitutivo del regime della cedolare secca, stabilisce al comma 2 che “… La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione“. Si tratta dei contratti di locazione di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autentica, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno. Con circolare n. 26 del 2011 è stato chiarito che il limite di durata dei trenta giorni deve essere determinato computando tutti i rapporti di locazione di durata anche inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario.
Pertanto, nel caso in cui i gestori di locazioni turistiche optano per cedolare secca, mantenendo lo status di privati, proponendo l’immobile attraverso i portali on line, siano essi OTA (OnlineTravelAgencies – Booking, Expedia) o canali di promozione e pubblicità (Airbnb), devono essere valutati i seguenti costi:
- Booking 18% (al netto delle commissioni ai portali), oltre la cedolare secca del 21%= 36%;
- Airbnb tra il 3% e il 5%, oltre la cedolare secca del 21% (al netto delle commissioni ai portali) = 22-24%.
Sulla commissione ai portali ritengo, che la cedolare secca debba intendersi al netto delle provvigioni pagate agli intermediari, per le seguenti ragioni: la prima riguarda l’ammontare percepito dal locatore che non incassa le provvigioni; la seconda motivazione riguarda il rischio che la tassazione sulle provvigioni venga pagata due volta sia dal locatore che dall’intermediario.
A questo punto non rimane che valutare le opzioni sopra illustrate per operare nel rispetto della normativa vigente in materia di: TUIR (Testo Unico sulle Imposte dei Rediti), il codice civile art. 1571 per le locazioni turistiche e legislazione regionale per: case per vacanze, affittacamere e bed and breakfast.
Domanda – A proposito di portali, cosa succederà se Airbnb non tratterrà la cedolare secca?
Risposta – Airbnb ha presentato ricorso al TAR Lazio contro l’art. 4 del D.L. 50/2017 (il TAR Lazio è l’unico TAR al quale possono essere presentati i ricorsi nei confronti degli atti normativi statali) e lo stesso Tar del Lazio, in data 18 ottobre 2017 (ordinanza 5442/2017), ha respinto la richiesta di sospensiva presentata dal portale che ha comunicato che ricorrerà in secondo grado al Consiglio di Stato.
Se il ricorso fosse stato accettato, sarebbe saltato l’impianto dell’art. 4 del D.L. n. 50/2017, almeno nella parte riguardante gli intermediari che non hanno la sede fiscale in Italia.
In ogni caso il problema riguarda il soggetto che incassa l’importo della locazione, se lo fa il titolare della locazione turistica sarà lui a dovere rendicontare la cedolare secca; se il pagamento della locazione turistica viene introitato dall’intermediario sarà quest’ultimo a dovere rendicontare, trattenendo la cedolare secca.
Domanda – Conviene dunque operare, in qualità di gestore di locazione turistica, per mezzo del servizio di intermediazione, mantenendo lo status di privati, o svolgere attività di impresa?
Risposta – Mantenere lo status di privato, è certamente obbligatorio per chi non può aprire partita IVA, per esempio i pubblici dipendenti, che sono condizionati dall’art. 98 della Costituzione.
In alternativa, suggerisco che si può svolgere attività d’impresa con partita IVA, con regime forfettario solo per ditta individuale, per coloro che non hanno mai aperto una partita IVA. In questo caso sono possibili 2 ipotesi:
- CODICE ATECO 55.20.51 AFFITTACAMERE PER BREVI SOGGIORNI, CASE ED APPARTAMENTI PER VACANZE, BEDAND BREAKFAST, RESIDENCE – Imponibile al 40% di quanto incassato, detratta la commissione per i portali, – tassazione del 5% sull’imponibile, INPS 25% sull’imponibile. In questo caso,si pagano al fisco, per i primi 5 anni circa il 12% complessivo di quanto incassato, considerando, inoltre che una parte rientra nel proprio patrimonio INPS;
- CODICE ATECO 68.20.01 – LOCAZIONE IMMOBILIARE DI BENI PROPRI O IN LEASING (AFFITTO) – Imponibile all’86% di quanto incassato, detratta la commissione per i portali, – tassazione del 5% sull’imponibile, INPS 25% sull’imponibile. Con questa scelta, si pagano al fisco, per i primi 5 anni circa, il 32% complessivo di quanto incassato, considerando, inoltre che una parte rientra nel proprio patrimonio INPS;
Ulteriore ipotesi: si può svolgere attività d’impresa con partita IVA ordinaria, in questo caso valgono le regole del regime IVA ordinario.
Domanda – Quali sono i punti di riflessione maggiore sull’art.4 del decreto legge n.50/2017, Regime fiscale delle locazioni brevi?
Risposta – Il primo punto che mi preme sottolineare riguarda la parte iniziale dell’art 4: “Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali…”.
A questo proposito, infatti, una importantissima novità riguarda la possibilità, da parte dei gestori di locazioni turistiche, di offrire i servizi di pulizia e sistemazione camere, cambio biancheria e lenzuola, che supera, almeno per ora, quanto disposto da alcune sentenze della Cassazione civile, (terza sezione, sentenza n. 707 del 22 gennaio 2002 e Cassazione civile, terza sezione n. 19769 del 23 gennaio 2003), secondo le quali la fornitura di servizi turistici definiti, anche, servizi alle persone, può essere erogata, esclusivamente nell’ambito dell’attività delle strutture turistico ricettive aperte al pubblico e non già in quella delle locazioni turistiche (pulizia e sistemazione camere, cambio biancheria e lenzuola)
Per quanto riguarda poi l’aspetto relativo agli intermediari, una importante novità riguarda il riconoscimento di intermediari immobiliari anche a quelle imprese che: “esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”, preme ricordare che, in precedenza i soggetti abilitati all’esercizio dell’intermediazione immobiliare turistica erano: 1) agenti immobiliari; 2) agenzie di viaggi come per esempio Booking.com che è una OTA (OnlineTravelAgency).
Dall’entrata in vigore dell’art. 4 del D.L. n. 50/2017, anche Airbnb viene incluso tra gli intermediari immobiliari, in quanto svolge l’attività di sito di annunci pubblicitari.
Infine, per quanto concerne l’imposta di soggiorno, vengono ribadite e non modificate le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che prevede che l’imposta di soggiorno è dovuta, esclusivamente, da chi soggiorna in strutture ricettive e non da chi è ospite nelle “locazioni di cui all’art. 1571 del codice civile”.